La prima presa di contatto avvenne parecchi anni orsono, durante una giornata di presentazione dell’allora nuova produzione Bimota. Con un amico mi recai dal concessionario (MotoAtelier di Delle Vedove Marino a Fiumicello) che ospitava l’esposizione dei nuovi prodotti. Come in un salone, le moto erano posizionate su piedistalli, pronte per essere ammirate e fotografate come vere opere d’arte.
Fu lì che la ammirai per la prima volta e con il passare degli anni l’idea che magari un giorno avrei potuto possederla è sempre rimasta sopita nella mia mente, sopita ma viva, in attesa del momento propizio in cui sarebbe uscita dal letargo.
Il risveglio è avvenuto un paio di anni fa, travestita da occasione da non lasciarsi scappare. Alla prima presa di contatto la moto risulta bella come poche sportive sono state, intrigante con quel codino che si infila fra i due lunghi scarichi neri, prolungandosi fino a terminare con il fanale posteriore che sembra una gemma dalle mille sfaccettature.
La strumentazione è a sviluppo verticale dotata di ampio contagiri che sovrasta il piccolo display fornitore delle informazioni basilari quali velocità, l’ora e il contachilometri totale (il parziale è consultabile attraverso la selezione di un pulsante). Per le segnalazioni ottiche vengono utilizzati dei LED ad alta luminosità, che possono dare qualche leggero fastidio nella guida notturna. Il tutto è ben inserito nell’alto cupolino che come il resto della linea della moto risulta essere affilato.
Il telaio rosso, coperto in minima parte dalla spigolosa carenatura rossa e argento, lascia intravedere il motore desmodue di 1000cc (992 per la precisione) già dotato di carter copri cinghie in carbonio sulla versione R.
Nell’insieme risultano evidenti le sospensioni completamente regolabili: forcella telescopica a steli rovesciati all’anteriore con trattamento DLC (Diamond Like Carbon) della italiana Marzocchi e mono ammortizzatore con serbatoio separato al posteriore della svedese Ohlins. Il forcellone bibraccio è un traliccio di tubi come il telaio ed infulcra nella capriata di rinforzo superiore il mono ammortizzatore a creare un sistema di tipo cantilever.
Lo sguardo viene attirato dalla foresta di pezzi ricavati dal pieno di cui la moto è dotata, dai piedini forcella, alle piastre del telaio che uniscono il traliccio al forcellone bibraccio e che in quest’ultimo ospitano il perno della ruota posteriore e la regolazione del tiro catena. Le forcelle marzocchi di colore violaceo sono strette da delle splendide piastre di sterzo ricavate dal pieno. Volutamente le lavorazioni a CNC sono state lasciate visibili, questo per fare risaltare maggiormente il lavoro di pregio effettuato e la bontà del componente.
La Bimota DB5 l’ho sempre considerata un evoluzione sportiva del progetto Ducati supersport, opinione la mia derivante da tanti fattori comuni ai due modelli: uno su tutti il motore, il glorioso desmodue, vi è poi il sistema utilizzato per la sospensione posteriore (di tipo cantilever) e sicuramente l’impostazione di guida, che nella Bimota assume i connotati della sportiva di razza.
IN MOTO
La posizione di guida come detto è da vera sportiva, pedane alte ed arretrate, semimanubri sotto la piastra di sterzo che costringono chi guida ad una posizione da fachiro e la sella che definirla dura è farle un complimento. La moto mostra i suoi limiti di abitabilità con chi esca dalle misure antropomorfe del pilota tipo. Tutte queste caratteristiche, che nel traffico cittadino risultano evidenti, scompaiono come d’incanto quando si incomincia a spingere forte. La sella diventa un terminale per la comunicazione fra retrotreno e pilota, le pedane ricavate dal pieno ed opportunamente lavorate (sono regolabili in altezza e arretramento secondo un arco di curvatura) permettono di spingere in uscita di curva e di non perdere l’appoggio a moto piegata o in caso di asfalto sconnesso. I semimanubri sufficientemente larghi consentono di fare meno fatica rispetto a quanto non si potrebbe pensare per piegare la moto a centro curva. Grazie anche ad una splendida forcella che con la sua scorrevolezza permette di essere molto comunicativa si riesce ad entrare in confidenza con la ruota anteriore. Grazie a delle quote ciclistiche particolarmente spinte il veicolo risulta essere molto svelto all’avantreno, con degli ingressi curva fulminei, il tutto senza però perdere stabilità sul veloce. Di serie la moto è sprovvista di ammortizzatore di sterzo e ne condivido la scelta visto l’avantreno sempre stabile, preciso e per nulla ballerino. La Bimota DB5 resta comunque una sportiva all’italiana per cui seppure migliorato il telaio rispetto al passato la moto va guidata con forza perché renda al meglio e per ottenere da lei il massimo piacere di guida.
Essendo una sportiva di razza senza fronzoli è fedele al pensiero: “che tutto quello che non c’è non pesa e non si rompe”, per cui niente passeggero, nessun vano porta documenti e non vi è la presenza della sonda per la temperatura dell’olio (esigenza questa in parte mitigata da un radiatore dalle generose dimensioni). La DB5s con il motore 1100ds con frizione in bagno d’olio (sostituisce la DB5 1000) è disponibile in versione biposto.
L’impianto frenante nella sua completezza è dell’italiana Brembo, all’anteriore la pompa è una serie oro assiale (semi radiale sulla R) che attraverso la tubazione in treccia comanda due pinze ad attacco radiale a quattro pistoncini della serie triple bridge (una pastiglia per pistoncino). Queste ultime mordono con ferocia due dischi da 298mm di diametro (che diventano da 320mm con la DB5s 1100). I dischi freno sono di diametro non convenzionale perché a fronte di un peso ridotto del veicolo è stato possibile contenerne la misura riducendo così l’inerzia delle masse in rotazione, avvertibile nei cambi di direzione. La potenza offerta alla leva è da riferimento riuscendo a garantire al contempo modulabilità e potenza e come ci si aspetta da un impianto di tale livello non viene mai messo in crisi. L’impianto posteriore non è di certo il freno principale ma svolge in maniera egregia il suo lavoro, la pompa Brembo permette di avere la giusta sensibilità sulla forza esercitata e trasmessa alla pinza a due pistoncini che morde il disco da 210mm di diametro.
La frizione è come da tradizione a secco (a bagno d’olio sulla 1100ds) e il suo celebre scampanellio è azionato idraulicamente da una pompa anch’essa Brembo serie oro e per quanti non sono abituati alle frizioni Ducati potrà risultare in principio affaticante.
DIFETTI
La moto come già detto non è di certo una moto con la quale fare turismo e quindi può risultare scomoda, sensazione che svanisce quando si inizia a fare sul serio. Essendo pensata per dare il massimo piacere fra i cordoli alcuni dettagli sono stati, diciamo, trascurati. Gli specchietti retrovisori ad esempio non sono utilizzabili salvo spalmandosi sul serbatoio. La strumentazione vuoi per l’angolazione data vuoi per la luminosità offerta dal display non risulta sempre ben leggibile. Questi a mio modo di vedere possono essere considerati gli unici veri difetti di una moto che non ha nelle sue corde il solo utilizzo stradale.